Perché scegliere la moda fur-free

Perché scegliere la moda fur-free

Fur free: la nuova, e sensata, tendenza dei grandi marchi a livello internazionale che fa contenti non solo gli animalisti ma anche i millennials.

Una scelta, quella di abbandonare la pelliccia per sostituirla con materiali ecologici, che incontra infatti il consenso delle nuove generazioni. Sono loro, infatti, ad essere molto più attente non solo al rapporto con il mondo animale, ma anche agli effetti ambientali a 360 gradi di certi tipi di produzione.

L’impatto delle pellicce sull’ambiente

Sembrerà strano ma l’industria della moda è una delle più inquinanti, specialmente quella legata alla produzione di pellicce. I dati balzano all’occhio soprattutto quando paragonati a quelli della produzione della variante ecologica in termini di inquinamento da ozono, acidificazione del suolo, consumo di acqua e suolo. Produrre una pelliccia di visone, per esempio è dalle tre alle dieci volte più d’impatto sull’ambiente che un’ecopelliccia.

Inoltre, le pellicce vanno trattate con sostanze chimiche (anche tossiche per i dipendenti degli impianti) per evitarne la decomposizione. Anche per questo, l’industria della pelliccia è stata classificata come una dei cinque maggiori produttori mondiali di metalli tossici.

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Bomber in ecopelliccia by Semicouture; Cappotto con inserti in ecopelliccia by Yes London

Cruelty-free: la moda non dovrebbe far male a nessuno

Seta, pelle, piume e persino la lana sotto il mirino dei movimenti Cruelty-Free: una scelta animalista al cento per cento quella proposta dalle correnti più estremiste. Il primo passo è comunque stato mosso in direzione della moda fur free, ovvero le pellicce.

L’attenzione è puntata innanzitutto sugli allevamenti. Condizioni di vita pessime in spazi spesso troppo ridotti, salute degli animali trascurati e morti crudeli, con metodi diversi per ogni specie ma tutti egualmente efferati.

Documentari, report, filmati amatoriali: i consumatori oggi sono molto più consapevoli dei dietro le quinte dell’industria della pelle, cambiando così gli orientamenti di una parte di mercato verso una moda “buona”. Ma non solo: anche gli stilisti, e non solo per ragioni di business, hanno iniziato a cambiare idea al riguardo, puntando a produzioni green e a zero costo vita animale.

Elisabetta Franchi e gli altri brand Fur-free

Sono diversi i brand che nel tempo hanno accolto l’ecopelliccia nelle loro collezioni: Armani (tra i primi, nel 2016), Gucci, Micheal Kors, Yes London, così come brand più pret a porter, come H&M.

In Italia una convinta sostenitrice del Fur free è l’attentissima Elisabetta Franchi, stilista che ha fondato l’omonimo brand ormai noto e apprezzato a livello internazionale. La designer italiana ha rinunciato all’uso di pelliccia animale tra il 2012 e il 2013 (aderendo al FUR FREE RETAIL PROGRAM della LAV), sostituita con materiali più innovativi e sostenibili. A questo, ha fatto seguito l’eliminazione della piuma d’oca e della lana d’angora.

E i risultati sono notevoli! L’abbigliamento Elisabetta Franchi rispetta le aspettative estetiche delle sue consumatrici, con meravigliosi capi che non fanno rimpiangere l’uso delle pelli e pellicce reali.

Basta guardare il profilo Instagram (e le stampe delle sue collezioni!) per capire quanto il rispetto per la vita animale sia uno dei capisaldi della stilista: i suoi amati e tanti cani sono infatti spesso protagonisti sua quotidianità. Ancora di più, ha dato vita alla Fondazione Onlus Elisabetta Franchi, che mira ad essere di supporto a iniziative per la salvaguardia dei diritti degli animali.

Obiettivo della stilista è quello di sensibilizzare non solo i suoi consumatori e di impegnarsi in prima fila nella lotta alla crudeltà: di più, vuole ispirare i suoi colleghi, specialmente chi ancora si sta approcciando al mondo del fashion e ha la libertà di scegliere come presentarsi alle passerelle.

 

 

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